Dal messaggio Vrbi et orbi del venerabile Pio XII nella Pasqua di 1956:
Come desti dallo squillo di vittoria del divino Risorto e irradiati dai suoi mistici fulgori, voi siete qui convenuti, diletti figli e figlie, per unire i vostri osanna all'esultanza dei cori angelici: Exsultet iam Angelica turba caelorum (Praecon. Pasch.). Il potente coro del vostro giubilo, che riecheggia in questo sacro luogo, così ricco di alte e animatrici memorie cristiane, è una mirabile strofa del perenne inno che la Chiesa canta da due millenni al suo divino Re, vincitore della morte.
È dunque ora degno e giusto che il vostro osanna a Cristo risorto, scaturito da cuori in cui sovrabbonda la letizia per aver trovato in lui la luce, la saldezza, la vita, si diffonda quale messaggio di salute a tutti gli uomini della terra, suscitatore di rinnovate speranze. Vorremmo pertanto che la solennità della Pasqua di quest'anno sia in primo luogo un richiamo alla fede in Cristo, indirizzato ai popoli che ancora ignorano, senza loro colpa, l'opera salvifica del Redentore; a coloro che ne vorrebbero invece cancellato il nome dalle menti e dai cuori dei popoli; in modo particolare, infine, a quelle anime di poca fede che, sedotte da fallaci lusinghe, sono in procinto di permutare gl'inestimabili valori cristiani con quelli di un falso progresso terreno. Si affretti l'ora, in cui tutta la terra, illuminata dai fulgori dell'eterno Re, si rallegri, come voi in questo giorno, per sentirsi affrancata dalla caligine spirituale oggidì così densa : Totius orbis se sentiat amisisse caliginem(loc. cit.).
Però come potrebbe essere convincente e animatore il vostro messaggio, diletti figli di Roma e dell'orbe cattolico, se la vostra stessa fede non fosse sincera e tetragona viva e operante? Voi rappresentate senza dubbio quella « umanità senza paura », che, pur vivendo in mezzo alle bufere del secolo, sa conservare intatta in fondo allo spirito la sostanziale serenità, pronta anzi ad affrontare il male e il disordine per vincerlo nel bene. Ma su che cosa è fondata la vostra serenità? Non certo, o almeno non primieramente, sulla pretesa onnipotenza dell'uomo, nè soltanto sui mezzi di esteriore progresso o sulle crescenti possibilità di organizzazione, e nemmeno unicamente sulla capacità di difesa contro le minacce della natura e degli uomini. La serenità, frutto di acquisita sicurezza, si radica principalmente nella fede in Cristo. Se la paura, così diffusa al presente nel genere umano, non ha dimora nei vostri cuori, voi ne siete debitori a quel « nolite timere »: non temete!, pronunziato da Cristo ai suoi discepoli di ogni tempo; voi lo dovete alla certezza che, come membri del suo Corpo mistico, sarete fatti partecipi della vittoria di lui sul mondo, vale a dire, sul regno di tenebre, d'incertezza, di morte, dal quale siete circondati.
La fede è dunque luce, alimento e usbergo della vita; è il vessillo a cui arriderà la vittoria nel combattimento spirituale, che ogni cristiano è chiamato a sostenere, secondo la esplicita parola dell'Apostolo S. Giovanni: « Questa è la vittoria, che vince il mondo, la nostra fede » (1 Io. 5, 4).
Tuttavia non ad ogni parvenza di fede è assicurata la vittoria, ma a quella fede la quale adora in Cristo crocifisso il Figlio unigenito di Dio, che risorto « ascese al cielo e siede alla destra del Padre, e di nuovo, pieno di gloria, verrà per giudicare i vivi ed i morti »; a quella fede, che si tramuta in opere di piena giustizia, nell'osservanza dei comandamenti e dei doveri; che si concreta, in una parola, nell'amare Dio e, per lui e in lui, i fratelli, gli uomini tutti, specialmente gli umili e i poveri. Sarebbe invece parvenza di fede, destinata alla sconfitta, quel vago senso di cristianesimo, diremmo quasi, molle e vuoto, che non oltrepassa le soglie della persuasione nella mente e dell'amore nel cuore; che non è posto a fondamento e corona della vita nè privata nè pubblica; e che vede nella legge cristiana una mera etica umana di solidarietà e una qualche attitudine a promuovere il lavoro, la tecnica e il benessere esteriore. Coloro che agitano l'ingannevole bandiera di questo vago cristianesimo, lungi dal fiancheggiare la Chiesa nella immane lotta impostale per salvaguardare all'uomo del presente secolo i valori eterni dello spirito, accrescono invece la confusione, facendosi così complici dei nemici di Cristo. Tali in particolare sarebbero quei cristiani che, o tratti in inganno o piegati dal terrore, cooperassero a discutibili sistemi di progresso materiale, i quali esigono, quasi in contropartita, la rinunzia ai principi soprannaturali della fede e ai diritti naturali dell'uomo.
Fondata sulla roccia viva della fede, unica depositaria della sua interezza, la Chiesa ne inalbera il salvifico vessillo in mezzo ai popoli, affinchè i veri ed attivi credenti operino, da lei guidati, la comune salvezza.
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